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Ancoraggi scheletrici nell’ortodonzia degli adulti

Che cos’è l’ancoraggio in ortodonzia e perché si usa?

In ortodonzia i movimenti dentari e anche quelli ortopedici facciali sono prodotti da sistemi di forze che operano secondo la III legge di Newton, la quale, infatti, stabilisce che a un’azione corrisponde una reazione uguale e contraria. In un trattamento ortodontico e nell’elaborazione di un sistema biomeccanico, dunque, si riconosceranno unità attive, rappresentate dai denti che l’ortodontista vuole muovere o ridirezionare, e unità passive, cioè i denti che idealmente dovrebbero fungere da ancoraggi.

Purtroppo, spesso gli ancoraggi non funzionano alla perfezione o non sono sufficienti e vengono prodotti movimenti indesiderati che interessano denti che non dovrebbero spostarsi e che, di conseguenza, non offrono la resistenza necessaria al movimento delle unità attive. Questa condizione è molto frequente negli adulti: spesso può verificarsi sia perché il paziente ha perso supporto parodontale e quindi osso di sostegno dei denti che, pertanto, non risulteranno validi come ancoraggio, sia perché la quantità di denti si è ridotta nel tempo a causa della perdita di parte della dentatura. Questo è il motivo per il quale in alcuni pazienti, e ancor più in quelli adulti, può risultare essenziale ricorrere ad ancoraggi supplementari rispetto ai denti naturali: ancoraggi di questo tipo vengono definiti ancoraggi scheletrici temporanei (TADs).

In ambito ortodontico, quando si parla di ancoraggi scheletrici, ci si riferisce a mini-impianti o mini-placche in titanio o acciaio, che offrono all’ortodontista la possibilità di effettuare i movimenti dentali programmati senza sollecitare i denti che non devono muoversi, ancorandosi appunto a questi sistemi.

Tra i dispositivi di ancoraggio maggiormente utilizzati ci sono le miniviti ortodontiche, definite TADs, (Temporary Anchorage Devices, TADs), in quanto, a differenza degli impianti usati in implanto-protesi, quelli ortodontici non si integrano con l’osso e, infatti, possono essere inseriti e rimossi con procedure semplici e rapide, talvolta senza l’uso dell’anestesia. Inoltre, rispetto agli impianti protesici, i TADs presentano sezioni e misure inferiori e soprattutto rimangono nella bocca del paziente per un arco di tempo relativamente breve. La misura e la sezione delle viti sono scelte dall’ortodontista durante la pianificazione del caso e variano a seconda della sede di inserzione della minivite e dell’obiettivo da raggiungere, che ne giustifica il posizionamento.

Diagnosi e pianificazione per l’inserimento delle miniviti ortodontiche

Le miniviti ortodontiche svolgono una duplice funzione: da una parte possono essere usate per ancorare ad esse direttamente i denti o gruppi di denti da spostare, dall’altra possono essere connesse ai denti da non spostare, in modo che questi fungano da ancoraggio “rinforzato” per i denti che invece si muoveranno.

Al fine di programmare il corretto posizionamento della minivite, funzionale ai movimenti e al trattamento programmato, ma anche alle zone di osso disponibile in cui inserirla, l’ortodontista si avvale di alcuni esami radiografici, quali una semplice endorale, esame bidimensionale di un gruppo di 2-3 elementi dentari, l’ortopantomografia (OPT), esame bidimensionale di tutte le arcate, o la Tac Cone Beam (CBCT), esame tridimensionale che consente di acquisire maggiori dettagli sulle strutture ossee.

Dove si posizionano le miniviti ortodontiche?

I siti di inserzione impiegati più di frequente sono:

  • zona inter radicolare: la maggior parte delle miniviti ortodontiche vengono posizionate tra le radici dei denti ma, in questo caso, condizione di fondamentale importanza è che ci sia spazio sufficiente tra le radici;
  • palato: per posizionare le miniviti ortodontiche a livello palatale, di solito, si predilige la sede antero-mediana del palato, poiché si tratta della zona in cui la componente ossea è maggiormente rappresentata. Normalmente, nel caso in cui le miniviti vengano impiegate a tale scopo, vengono inserite in coppia o come due coppie, una coppia posteriore e una coppia anteriore;
  • cresta edentula: è possibile inserire le miniviti in siti in cui il paziente non ha i denti;
  • buccal shelf: si tratta dell’osso localizzato a livello mandibolare, verso l’angolo della mandibola, posteriore al primo molare;
  • cresta infrazigomatica: talvolta si sceglie come sito di inserzione la zona sotto lo zigomo.

Le miniviti ortodontiche possono essere posizionate a mano libera o anche attraverso delle guide stampate, realizzate al CAD-CAM, che aumentano la precisione di inserimento dell’impianto nel sito osseo prescelto; il posizionamento nel palato e nella cresta infrazigomatica è quello effettuato più spesso attraverso le guide 3D.

Applicazioni cliniche degli ancoraggi scheletrici ortodontici

Uno degli aspetti più interessanti degli ancoraggi scheletrici ortodontici è rappresentato dalle innumerevoli applicazioni cliniche che ne derivano.

Come detto in precedenza, oltre alla possibilità di muovere i denti in maniera mirata, senza stressare i denti da tenere fermi, si individuano negli ancoraggi temporanei una soluzione alla carenza o inadeguatezza di dentatura residua; in questi casi, riguardanti per lo più i pazienti adulti, risulterebbe difficile, talvolta impossibile, effettuare movimenti ortodontici mirati, dal momento che gli elementi passivi risultano scarsi o inadeguati a resistere ai movimenti dei denti attivi, cioè che i denti che si devono muovere.

Un’ ulteriore applicazione degli ancoraggi ortodontici risulta essere quella palatale: si tratta di una tecnica che ha completamente rivoluzionato le possibilità di espansione del mascellare.

Oggi, infatti, con l’ausilio dei TADs, l’ortodontista riesce a realizzare espansioni del palato anche in soggetti adulti, opportunamente selezionati, che prima non avrebbero mai potuto beneficiare di un trattamento simile senza ricorrere alla chirurgia. Inoltre, l’applicazione dei mini-impianti in sede infrazigomatica, nel buccal shelf mandibolare o nelle aree edentule (per esempio quella retromolare) consente di realizzare movimenti settoriali che interessano un’intera arcata, per andare a correggere malocclusioni con denti troppo sporgenti o eccessivamente arretrati; questo, spesso, avviene anche senza la collaborazione attiva del paziente che, viceversa, senza ancoraggi scheletrici, sarebbe risultata necessaria.

TW: trigger warning pulsante che mostra immagini sensibili

Infine, un’altra applicazione degli ancoraggi scheletrici temporanei, in particolare negli adulti, riguarda la possibilità di facilitare l’inserimento di impianti e protesi o ponti nelle zone ove mancano dei denti, andando così a migliorare il sito scelto per la realizzazione del lavoro. Questo riguarda sia la possibilità di raddrizzare le radici dei denti contigui al settore da riabilitare, sia quella di riportare i denti nella loro posizione ideale, per inserire il singolo dente o più di un dente nell’arcata opposta.

Inoltre, grazie ai TADs, gli spazi dovuti alle estrazioni possono essere chiusi spostando i denti naturali del paziente nello spazio vuoto dove manca il dente: questo avviene spesso muovendo nello spazio di un primo molare assente, estratto anni addietro, un secondo molare .

TW: trigger warning pulsante che mostra immagini sensibili

Procedura di posizionamento delle miniviti ortodontiche

Solitamente, le miniviti ortodontiche vengono posizionate direttamente dall’ortodontista: la loro applicazione viene eseguita presso lo studio odontoiatrico, attraverso un intervento di routine molto semplice condotto in anestesia locale.

Il posizionamento delle miniviti ortodontiche comporta dei rischi?

Le complicanze riscontrate nell’impiego delle miniviti in ambito ortodontico sono rare:

  • mancanza di stabilità della minivite dovuta a un’infiammazione a livello dei tessuti molli intorno alla vite. È possibile che la minivite si muova leggermente: questo accade a causa di una cattiva igiene orale domiciliare, la quale, responsabile dell’infiammazione, si traduce in una mobilità della minivite. Per prevenire tale evenienza, è opportuno mantenere una buona igiene orale quotidiana.
  • È possibile incorrere in complicanze legate al contatto con le radici dei denti (condizione che, solitamente, non comporta danni irreversibili) o con strutture vascolari e tessuti che non andrebbero coinvolti nel tragitto di inserimento. È possibile prevenire situazioni di questo tipo grazie a un’attenta pianificazione del caso, basata su esami radiografici e valutazioni cliniche.
  • Frattura della vite durante l’inserimento: condizione evitabile seguendo scrupolosamente la procedura e mantenendo forze di inserimento adeguate.

Le miniviti ortodontiche fanno male?

In genere l’inserimento di una minivite è del tutto indolore; questa procedura, talvolta, può essere accompagnata da un fastidio localizzato o riferito a qualche elemento dentario prossimo alla zona.

Pochi pazienti lamentano dolore dopo aver eseguito l’intervento di posizionamento: qualora questo avvenisse è possibile tenere sotto controllo dolore o fastidio tramite un farmaco analgesico, assumibile per qualche giorno fino alla scomparsa del sintomo.

Diverso, invece, è il dolore che si può presentare (molto raramente) a causa di un’infiammazione a carico dei tessuti molli, di cui responsabile, il più delle volte, è l’accumulo di placca: per prevenire questa condizione è fondamentale eseguire una corretta igiene orale domiciliare.

Le miniviti si rimuovono una volta raggiunto l’obiettivo prefissato?

La differenza tra gli impianti usati in ambito chirurgico/protesico e le miniviti impiegate in ambito ortodontico deriva dal fatto che i primi si devono osteointegrare, cioè devono diventare “un tutt’uno” con l’osso attorno, mentre per i TADs questo non è necessario. Senza dubbio, questo rappresenta un vantaggio, poiché consente, una volta raggiunto l’obiettivo pianificato, di rimuovere i minimpianti in maniera semplice, talvolta anche senza l’uso di anestesia.

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